Come da copione, i nostri eroi si trovano ora ad affrontare i primi problemi seri.
L’ossidazione, nemica irriducibile di chi abbia eletto il ferro a materiale di costruzione del proprio scafo, era stata ovviamente ben mascherata dal precedente armatore, che munitosi di pennello e vernice ne aveva nascosto ogni traccia in tutti i compartimenti che potessero essere ispezionati senza il bisogno di smontare mezza barca.
Lo sguardo piu’ attento che ci si puo’ ora concedere rivela pero’ una situazione molto meno rosea di quella prospettatasi in partenza: invece di creare accesso alla sola sentina – per poterla sabbiare e trattare – si dovranno smontare gli interni nella loro totalita’.
Inutile dire che cio’ rivoluzionera’ la tempistica come la logistica (si sono gia’ moltiplicati i viaggi regolari a Barcellona man mano che mobili e strutture interne vengono smontati), e l’idea di trovarsi a fine stagione con la barca in acqua ha lasciato il posto a quella di un refit totale che ci impegnera’ (ognuno per il tempo che potra’ dedicarvi) a tempo indeterminato.
Tutto cio’, oltre a dar vita a bestiemme in lingue non prima conosciute, fa riflettere su dove sia opportuno tracciare il limite quando si tratta di rendere realta’ i propri sogni. Fin dove ci si puo’ spingere? Quale «prezzo» si e’ disposti pagare – anche se la metafora economica ci e’ ostile – per raggiungere i propri obiettivi? Quanto tempo si puo’ dedicare ad un improbabile progetto? Quante le energie, le risorse di qualunque tipo?
La risposta e’ sempre e solo una: come non c’e’ limite ai sogni non c’e’ limite alla loro realizzazione. Concretizzare i propri desideri, al di la’ di ogni calcolo, e’ l’unica cosa che abbia senso fare. Questa e’ la consapevolezza che separa coloro che vivono da chi si accontenta di sopravvivere.